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Aperturisti Vs Restoacasisti. Spiegato.

Un gigante della scienza politica, Stein Rokkan, ci insegnò che i sistemi partitici dell’Europa Occidentale si erano tutti evoluti seguendo percorsi simili. A seguito di due eventi storici rilevanti, in particolare la Formazione dello Stato-Nazione e la Rivoluzione Industriale, nelle società europee si erano formate tra il 1500 e il 1800 delle fratture (cleavages) che avrebbero diviso le persone su fronti opposti. Sui margini di queste divisioni si sarebbero poi formate delle fazioni, in seguito strutturate in veri e propri partiti politici, che avrebbero popolato i sistemi politici dell’Europa occidentale. Ovviamente non si tratta di processi avvenuti in modo identico e coevo per tutti i paesi, però le somiglianze tra i vari paesi sono strabilianti.

A seguito della formazione dello Stato-Nazione, la prima frattura fu quella tra Stato e Chiesa, cioè su chi dovesse gestire alcune fondamentali funzioni sociali, come gli atti di nascita, i matrimoni, l’istruzione, i registri anagrafici, ecc. Da questa frattura nacquero i partiti che si sarebbero definiti come “laici” e quelli definiti come “religiosi” (mai sentito parlare della Democrazia Cristiana? O della CDU tedesca?).

La seconda frattura fu tra Centro e Periferia. Cioè tra chi voleva l’assimilazione dei vari territori periferici al centro e chi invece voleva difendere gli interessi degli abitanti periferici. Alcuni esempi? Beh, l’altoatesina SVP ne è uno, ma anche i vari partiti catalani, baschi, scozzesi, fiamminghi, ecc. Invece, per i vari partiti nazionalisti… sono così tanti senza necessità di esempi specifici.

A seguito della Rivoluzione Industriale, troviamo altre due fratture. La prima è tra chi preferiva il libero commercio e chi invece voleva mantenere la chiusura dei confini. È la frattura sintetizzata dalla definizione “Città-Campagna”. E in questo caso i partiti Liberali sostennero gli interessi delle città aperte al commercio internazionale, mentre i partiti Conservatori e Agrari sostenevano le ragioni della campagna. In Inghilterra, la culla della rivoluzione industriale, la distinzione tra Partito Conservatore e Partito Liberale fu chiarissima e dominò il sistema di partito prima dell’avvento dei Laburisti.

E con quest’ultimi si arriva alla quarta frattura. Quella tra il mondo del Lavoro (cioè, i Laburisti, ma anche i Socialisti) e i partiti dei Datori di lavoro. Cioè tutti gli altri partiti, per capirsi. Questa è anche la frattura più frequente in tutti i paesi europei e quella che tradizionalmente divide la Sinistra dalla Destra. Il nome sintetico è frattura Capitale-Lavoro. É la frattura che da un lato mette welfare state, pensioni pubbliche, diritto sul lavoro, in pratica l’intervento dello Stato in senso distributivo nell’economia, mentre dall’altro lato, prevede il ruolo dello Stato come mero ente regolatore e, di fatto, prevede la difesa del libero di un mercato senza vincoli.

La storia ovviamente non si ferma però alla Rivoluzione Industriale, perché un’altra Rivoluzione, quella russa del 1917 dette vita ad un’altra frattura, tutta interna al mondo socialista, stavolta. La distinzione fu tra chi voleva fare come in Russia, cioè fare la rivoluzione tramite la presa del potere, cioè i comunisti, e chi invece voleva accedere al governo tramite la via parlamentare, cioè i socialdemocratici.

E ancora, altri momenti di frattura si sono avuti negli anni settanta del secolo scorso, con la crescita dei temi post-materialisti (i diritti civili, l’ambientalismo, la partecipazione politica, ecc…), insomma la distinzione tra conservatori e progressisti. E poi, ancora, a partire dagli anni 90, emerge anche il tema dell’integrazione europea, con la ben nota frattura tra chi vuole più integrazione e chi ne vuole di meno.

Su queste linee di frattura si struttura generalmente il dibattito politico nell’Europa occidentale. Solitamente, i partiti politici, poiché provano ad esprimere una visione generale della società, prendono posizione sulle diverse fratture. Non è neanche richiesta una certa coerenza, nel senso che ci possono esserci partiti euro-entusiasti, favorevoli all’intervento dello Stato in economia e conservatori sul piano dei diritti civili. O altri, che sono liberisti in economia, progressisti sui diritti civili ma disinteressati all’ambiente. E’ evidente come, non solo in Italia ma in tutta Europa, le varie combinazioni possano essere molteplici. Vero è, però, che i partiti della destra (cioè quelli che si situano a favore degli interessi dei datori di lavoro) sanno benissimo che se il dibattito politico si concentrasse tutto nella contesa tra datori di lavoro e lavoratori dipendenti, perderebbero sempre.

Semplicemente perché i lavoratori dipendenti sono più numerosi dei datori di lavoro. Per questa ragione, una delle strategie classiche dei partiti liberisti è provare a spostare il dibattito politico su altre fratture, cercando di dividere la potenziale base di consenso dei partiti di sinistra. Sicuramente, infatti, tra la vasta schiera dei dipendenti ci saranno lavoratori che la pensano diversamente sull’Europa, sui matrimoni gay, sulla difesa dell’ambiente, sul regionalismo, ecc… In realtà, si potrebbe anche ipotizzare che l’emersione di ogni nuova linea di frattura rafforzi i partiti di destra, perché contemporaneamente indebolisce quelli di sinistra. In sintesi, se io fossi una grande multinazionale finanzierei contemporaneamente (spesso con la consueta deducibilità fiscale) sia associazioni pre-samesex wedding sia associazioni del FamilyDay, sia associazioni di onnivori sia associazioni vegan: l’importante è che si parli di tutto tranne di posizioni che mirino ad una maggiore equità fiscale.

Indubbiamente, negli ultimi due mesi abbiamo assistito nuovamente a questo fenomeno. Infatti, l’insorgere della Pandemia di Covid19 e la conseguente chiusura di molti pezzi della nostra società ha rappresentato un fenomeno unico nella storia moderna e ha creato una nuova linea di dibattito e di frattura. Senza prendere alcuna posizione è evidente come lo scontro tra chi sostiene la necessità di far riaprire quanto prima le attività economiche e sociali del Paese e chi invece vuole ancora mantenere prudenza e chiusure è ben evidente. Ovviamente non si tratta di mera filosofia o di un dibattito teorico, ma dietro ogni posizione si celano interessi reali concreti. Molto spesso, infatti, da un lato si posiziona chi ha un reddito fisso, è portatore di una patologia delicata o ha la possibilità di accedere a forme di smart-working. Dall’altro lato, si situa invece chi è stato danneggiato economicamente, è in ottima salute o vive situazioni di obbligata convivenza familiare particolarmente difficili. Il dibattito è diventato così acceso da far emergere storie di ricostruzioni fantasiose intorno al virus, accuse di negligenza a questa o quell’altra organizzazione, denunce pubbliche (e a volte vere e proprie querele) verso chi si poneva sull’altro lato della barricata. E questo dibattito, come tanti altri, ha nuovamente spaccato in due le organizzazioni della sinistra. Accanto alle varie posizioni ufficiali assunte dai partiti e dai sindacati di sinistra, infatti, si è assistito a scontri tra militanti, litigi, abbandoni, abiure, ecc… Un dibattito ovviamente foraggiato da chi vuol sviare l’attenzione dalla frattura Capitale-Lavoro. Poco importa se poi a prevalere nel dibattito siano i pro-runners o gli anti-runners, i pro-padroni di cani o gli anti-padroni di cani, i pro-movida o gli anti-movida: l’importante è parlare di altro.

Si può uscire da questo cul-de-sac? Ovviamente è importante che un’organizzazione politica prenda una posizione complessiva e che sappia far sintesi tra le diverse legittime posizioni. Ma allo stesso tempo deve evitare di farsi risucchiare in dibattiti potenzialmente autodistruttivi. E lo può fare in un solo modo: non tanto evitando di affrontare il tema, quanto piuttosto provando a concentrarsi sui temi più unificanti e unitari. Ad esempio, penso che in questa crisi – se ne è parlato molto all’inizio ma oggi sta lentamente scivolando fuori dal dibattito politico – servirebbe riaffermare nuovamente l’importanza del Servizio Sanitario Pubblico. E poi, l’importanza di una scuola che non sia mero parcheggio per i figli della forza lavoro, ma che sia istituzione educativa per la crescita delle persone. Inoltre, occorrerebbe sottolineare l’importanza della tassazione come strumento di redistribuzione della ricchezza. Insomma, al di là del vecchio mantra berlusconiano del “Meno tasse per tutti”, riaffermare che le tasse sui redditi alti e sui grandi patrimoni privati sono importanti per garantire un vero stato sociale, gratuito e al servizio di molti. Di posizioni unificanti ce ne sarebbero molte: è importante riconoscerle, sottolinearle e imporle, per quanto possibile, nel dibattito pubblico. Lasciando da parte ciò che magari appare come più attuale e interessante ma che invece rischia solo di sedimentare ruggini e scorie tra persone che invece dovrebbero stare dalla stessa parte della barricata, pardon, frattura.

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