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Lettera aperta alle organizzazioni sindacali

Con questa lettera intendiamo sollecitare un confronto con tutte le OO.SS., in un delicatissimo passaggio che abbastanza a breve porterà centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici a rientrare nei luoghi di lavoro, presentando una valutazione generale dell’attuale situazione e avanzando alcune proposte su cui auspichiamo si possa aprire una discussione.

La gestione di queste settimane ha rivelato i pesanti condizionamenti che le associazioni padronali, Confindustria in primis, sia a livello nazionale che regionale e territoriale, hanno esercitato sul governo e sulle amministrazioni regionali e locali. In Lombardia è risultato evidente che la mancata chiusura delle attività produttive e commerciali è stata la principale causa (assieme alla criminali superficialità in alcuni ospedali e residenze per anziani) della diffusione del contagio: gli interessi aziendali hanno prevalso per molto tempo e anche adesso – nonostante non sia ancora superata definitivamente la fase del contenimento tramite isolamento stretto – sono tornate le pressioni a riaprire pur gradatamente il più possibile la produzione e la distribuzione.

Le preoccupazioni per una chiusura prolungata serpeggiano anche tra lavoratori e lavoratrici, soprattutto quelli non tutelati, precari o a contratto, ma anche chi ha accesso alla cassa integrazione subisce una decurtazione rispetto ai già magri salari contrattuali, mentre la scadenza dell’erogazione si avvicina. È evidente che nessun paese potrà sopportare una chiusura senza scadenza, ma è anche certo che riaprire le attività – solo e soltanto quando e de univoche evidenze scientifiche lo permettano (che ad oggi non paiono esserci), senza quindi fughe in avanti pericolosissime, avendo come primo obbiettivo la tutela della salute e la vita dei lavoratori – potrà essere effettuata se non a condizioni rigorosissime e ripensando profondamente il paradigma liberista su cui si sono basate le relazioni socio-economiche e gli indirizzi politici di almeno tre decenni.

Naturalmente, ci sono dei provvedimenti che dovranno essere presi nell’immediato: l’accordo firmato dai sindacati metal-meccanici confederali (FIM, FIOM, UILM) e autonomi (UGLM, AQCF-R, FISMIC) con FCA N.V. è un buon inizio per affrontare la cosiddetta “fase due” della riapertura graduale, pur presentando alcune criticità.

In una situazione così problematica, sarebbe necessario trovare una modalità per cui tutte le componenti sindacali, comprese le organizzazioni del sindacalismo di base presenti diffusamente in molte aziende, siano coinvolte nell’elaborazione di piani e protocolli che preservino la salute e la sicurezza di lavoratori e lavoratrici ; sarebbe poi auspicabile che si aprisse un tavolo nazionale che detti linee e criteri generali di un Piano per la Fase Due, che venga recepito da accordi specifici di settore e infine da accordi aziendali, in modo da avere un quadro unitario e organico ed evitare che vi siano situazioni eccessivamente differenziate tra territori e aziende (estremamente variegate sia per dimensione che per ragione sociale). Su questo tutti gli attori vanno coinvolti, con un ruolo di supervisione e controllo della parte pubblica. Vanno stabiliti protocolli rigorosi che, partendo dai codici Ateco, stabiliscano regole certe nazionali, regionali e compartimentali, e solo più restrittive a livello aziendale. Certamente tutti i lavoratori devono essere sottoposti a test e tamponi prima del rientro al lavoro e poi con cadenza periodica.

Partendo dal banale riconoscimento che un ritorno alla “normalità” non è così a portata di mano, almeno non nell’immediato, dobbiamo riconoscere che questa crisi ha svelato le fragilità dell’intero sistema economico-sociale fondato sui parametri del liberismo selvaggio e della pura concorrenza di mercato: riteniamo che l’apertura della Fase Due non possa essere affidata elusivamente agli indirizzi di un Comitato Governativo composto da esperti senza che siano coinvolte le componenti sociali, i rappresentanti di lavoratori e lavoratrici, il molteplice mondo dell’associazionismo che in queste settimane ha offerto un sostegno fondamentale sia nella gestione dell’emergenza sanitaria, ma anche di quella sociale. Per quanto riguarda l’ambito strettamente lavorativo, riteniamo che sia necessario costituire in ogni azienda un Comitato che comprenda delegati di lavoratori e lavoratrici oltre alle RSU e all’RLS, che concorrano al controllo e alla gestione dei protocolli nazionali e degli accordi specifici aziendali: solo così si potrà avere una gestione che preservi salute e sicurezza oltre a riavviare la produzione e la distribuzione.

A queste indicazioni di carattere generale, vorremmo aggiungere alcune proposte più circostanziate, relative anche ad un nuovo approccio al lavoro e alla sua funzione sociale che dia sostanza e inveri lo slogan “niente sarà più come prima”.

► riduzione dell’orario di lavoro mantenendo il salario contrattuale e turnazioni scaglionate, per una riorganizzazione del lavoro che consenta distanziamento adeguato;

► assunzioni di personale per poter soddisfare la riorganizzazione dei turni del personale a tempo ridotto;

► ridefinire il piano industriale, con eventuali riconversioni a produzioni necessarie a soddisfare le esigenze sanitarie che quelle sociali (un esempio per tutti: sospendere la produzione di armi e riconvertire in produzione di macchinari e strumenti per ospedali e presidi medici territoriali);

► un piano per un intervento pubblico industriale (qualcuno ha parlato di “nuova IRI”) nei settori strategici dell’energia, della chimica, dell’acciaio, della metalmeccanica, dell’agro-alimentare, che comprenda l’integrazione delle aziende private nella programmazione pubblica di obiettivi di interesse generale, anche sottratti al mercato, fino all’eventuale requisizione di strutture necessarie alla realizzazione di un tale piano. In Toscana i centri studi delle organizzazioni sindacali e istituti come l’IRPET andrebbero subito messi in rete per approntare una prima bozza di piano di massima in questa direzione

► Sul comparto sanitario, ad esempio, anche in questa prima fase emergenziale, non si può continuare – per strutture ma anche per aziende indispensabili alla emergenza – a ritenere tabù il tema requisizione

► In questo una sorta di co gestione con i rappresentanti dei lavoratori – specialmente in aziende individuate come strategiche – va avanzata: se non avremo interventi fortissimi di aiuti “esterni” e archiviata nella classe dirigente diffusa del paese – e della Toscana – ogni forma reale di progressiva economia mista, non si può che ripartire da una proposta del genere

► Oltre a sostenere il tema “patrimoniale” a livello nazionale, vi proponiamo una riflessione urgente per introdurre maggiore progressività nella tassazione locale e regionale, nonché una cancellazione dei patti di stabilità – senza intaccare una gestione da buon padre di famiglia – per gli enti locali, certamente in grado di rispettare anche sentenze della corte costituzionale che hanno messo al primo posto le necessità dei servizi essenziali piuttosto che i vincoli di bilancio

► Riteniamo che la toscana non possa che farsi promotrice – senza che questo rappresenti un apertura agli appetiti del sistema bancario – di una proposta (ormai da molti avanzata) di sostegno al reddito anche per tutti quei soggetti ancor meno tutelati in quanto non toccati da ammortizzatori sociali (una rivisitazione della proposta del cd reddito di quarantena) Superata la fase acuta dell’emergenza, occorrerà ripensare profondamente il “modello di sviluppo” produttivo e distributivo che ha dominato nei decenni passati, provocando crisi economico-sociali sempre più aspre: crediamo vada aperta una riflessione urgente al fine anche di utilizzare tutte le forme utili alla cancellazione di contro riforme – si pensi al comparto sanitario ad esempio – che hanno destrutturato il ruolo del pubblico e precarizzato il lavoro. Anche in Toscana, o con la toscana apripista di proposte nazionali l’auspicio è che questa nostra iniziativa solleciti e coinvolga le organizzazioni delle classi lavoratrici nell’elaborazione di un programma politico-sociale, fondato su principi alternativi alla priorità dei profitti.

La segreteria regionale del PRC-SE TOSCANA

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